Gli anni ruggenti in Italia. Il duplice volto della donna
Gli anni Venti passano al vaglio della memoria storica sotto l'appellativo di "ruggenti". L'espressione Roaring Twenties condensa nel verbo il carattere pragmatico di un periodo che a distanza di un secolo continua a suscitare fascino e a porre gli studiosi di fronte a interrogativi ancora irrisolti quali la duale percezione femminile da parte della società. L'immagine della donna all'interno della cornice artistica italiana che durante il ventennio fascista si divide in due modelli nettamente distinti, quasi agli antipodi: la femme fatale e la madre amorevole. I valori tradizionali della famiglia si esplicano in iconografie ricorrenti, intimiste, all'interno del così detto "Ritorno all'ordine" come la tenera rappresentazione del 1916 di Gino Severini, Meternità, nella quale l'autore riesce a condensare nel momento dell'allattamento al seno la dolcezza e le cure amorevoli di una madre. Accanto a questa poetica, in linea con l'ideologia politica del regime che considera la donna come l'angelo del focolare, si trova la sensualità femminile che emerge dall'Art Déco. Il fascino suscitato dall'esotismo dei luoghi dell'Africa e dell'Oriente, si proietta nella realizzazione di preziosi manufatti di arti applicate che combinano l'accezione glamour dei singoli oggetti all'atteggiamento snobistico dell'alta classe sociale che ne poteva ostentarne il possesso. Se infatti l'orientalismo di questi anni è spiegabile a partire dalla scoperta della tomba del faraone bambino Tutankhamon, a opera dell'archeologo inglese Howard Carter nel 1922; l'esaltazione dei tratti sensuali della femminilità si può leggere in alcuni passi scritti dalle stesse donne pochi anni prima. In risposta al disprezzo per la donna formulato nel Primo Manifesto del Futurismo da Marinetti, si possono considerare gli scritti della parigina Valentine de Saint-Point: Manifesto della Donna futurista e Manifesto futurista della lussuria che iniziarono a circolare in Italia, a Milano, nello stesso periodo compreso tra il 1912 e il 1913 su volantini contenenti la versione tradotta dal francese per la Direzione del Movimento Futurista. Punto focale di questi scritti è la considerazione della lussuria come una forza che "distrugge i deboli" ed "eccita i forti" tipica della donna moderna che rinnega il disprezzo maschile comparando alla forza virile mascolina la forza della lussuria femminile. Una posizione simile viene ritrovata anche all'interno del romanzo breve Una donna con tre anime dell'artista austriaca naturalizzata italiana, Rosa Rosà, pseudonimo di Edith von Haynau, pubblicato la prima volta nel 1918 per "L'Italia Futurista" come replica in forma di dissenso al libro, sempre di Marinetti, Come si seducono le donne dato alle stampe un anno prima. La protagonista di Rosà, Giorgina Rossi, rappresenta l'evoluzione della donna moderna che dalla condizione di anonimato passa all'essere voluttuoso, energico e libero. Questo modello di donna emancipata, fatale e irraggiungibile si irradia nelle arti portando alla rappresentazione nel 1926 della prima di Turandot alla Scala. L'opera lirica di Puccini rimasta incompiuta, narra la trasformazione dell'algida principessa cinese in una donna che cede al calore dell'amore di Calaf di cui la versione più celebre è quella interpretata da Luciano Pavarotti. Nel Manifesto per Turandot disegnato da Leopoldo Melticovitz la principessa cinese è rappresentata a mezzo busto con i lineamenti estetici del prototipo di donna degli anni Venti, con il capello corvino, corto e perfettamente pettinato, le sopracciglia ripassate con la matita per creare una maggiore estensione della loro curvatura, gli occhi magnetici truccati per aumentarne la profondità dello sguardo e lunghezza del taglio e infine l'iconico rossetto rosso. Allo stesso modo, l'interpretazione di Alberto Martini della signora della Scala, Wally Toscanini, del 1925 suggerisce tutti i caratteri della sensualità degli anni ruggenti di una donna entusiasta, schietta, generosa e severa, prototipo di ideale bellezza tanto da essere bramata dallo stesso poeta vate. In questo contesto l'immagine della donna si sublima nella rappresentazione del proprio fascino. La fascinazione, la vena seduttiva prende di conseguenza i caratteri dell'emancipazione femminile che fa dell'incontrollata carica sensuale la peculiarità che si origina all'interno delle poetiche condivise dalle futuriste nella seconda decade del XX secolo. Non a caso, nell'opera di una delle protagoniste del secondo futurismo degli anni Trenta, Regina Cascolo Bracchi, si ritrova questa corrispondenza con il messaggio dell'Art Déco, si tratta di L'amante dell'aviatore del 1936. La scultura, definita nei tratti tipici dello stile di Regina, esprime un topos letterario molto diffuso all'epoca: la storia d'amore tra una seducente donna e un pilota dell'alto comando dell'Aeronautica Regia. Oltre all'esaltazione del nuovo mezzo, ampiamente raffigurato dagli artisti futuristi, vi è il racconto d'amore che suscita interesse da parte del grande pubblico femminile. È in questo frangente che si collocano i romanzi d'appendice di Liala, pseudonimo di Amalia Liana Negretti Odescalchi. Sebbene la successiva critica letteraria abbia stroncato l'autrice tacciandola di scrivere "letture da parrucchiere", i romanzi di Liala furono molto apprezzati tanto è che quando fu pubblicato nel 1931 il primo libro Signorsì le copie del romanzo andarono esaudite in meno di venti giorni. I personaggi di Liala si somigliano: sono piloti, per la maggior parte, ufficiali o colonnelli che prendono spunto dalle relazioni personali dell'autrice. Tra gli anni Venti e Trenta l'Art Déco ha contribuito a diffondere l'immagine di una donna emancipata, seducente e consapevole della propria sensualità che esalta iniziando dalla ricerca di un'eleganza nell'abbigliamento, è in fatti in questi anni che nasce l'industria della moda anche in Italia, con le prime sfilate degli anni Trenta. Così dalla lezione futurista femminile, l'immagine della donna moderna viene assorbita nella raffinatezza delle decorazioni delle arti applicate che ne conservano le specificità di libertà e seduzione del primo periodo.
Francesca Bisogni